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Nell’era dell’AI non contano le idee, ma come le realizziamo (cit.)

19 Marzo 2025
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Seth Godin, in una recente intervista a Repubblica, ha affermato che nell’era dell’intelligenza artificiale non sono più le idee a fare la differenza, ma la loro realizzazione.

Un concetto semplice, eppure spietato: l’AI ha reso l’accesso a tecnologie avanzate così democratico da livellare il campo di gioco. Tutti hanno le stesse opportunità, ma non tutti sono in grado di sfruttarle.

E qui nasce il vero problema per le PMI: non è più la creatività a decretare il successo, ma la capacità di trasformare un’intuizione in un business scalabile e competitivo.

Se un tempo bastava avere un’idea originale per emergere, oggi quell’idea è il punto di partenza più scontato che ci sia.

La domanda da porsi non è più “cosa posso fare di nuovo”, ma “come posso farlo prima e meglio degli altri”. La risposta, per molte PMI, passa dalle operazioni di M&A (Mergers & Acquisitions).

L’illusione dell’innovazione: perché le PMI faticano a realizzare il cambiamento

C’è sempre stata un’aura romantica attorno alla figura dell’imprenditore visionario, capace di cambiare le regole del gioco con un’intuizione brillante. Una narrazione affascinante, ma sempre meno attuale. Oggi, le idee senza una struttura per realizzarle sono destinate a restare spunti interessanti che qualcun altro porterà a compimento.

Le PMI si trovano spesso in questa impasse. Sanno di dover innovare, ma si scontrano con un sistema che penalizza chi non ha le dimensioni e le risorse per farlo rapidamente. E mentre cercano di capire da dove partire, il mercato ha già preso un’altra direzione.

Il problema non è la mancanza di visione, ma l’incapacità di concretizzarla in tempi utili. Se una grande azienda può permettersi di sperimentare e fallire più volte prima di trovare la soluzione giusta, una PMI non ha questo lusso. Ha una finestra temporale ridotta e margini di errore minimi. Aspettare di sviluppare internamente una competenza, integrare una nuova tecnologia o testare un nuovo modello di business significa spesso arrivare tardi.

L’M&A come strategia di esecuzione, non solo di crescita

L’errore più comune è considerare le operazioni di M&A come una strategia riservata a chi vuole espandersi, quando in realtà sono il metodo più rapido per colmare le lacune operative e strutturali che impediscono di passare dall’idea all’azione.

Comprare competenze è più veloce che costruirle. Integrare una tecnologia già sviluppata è più sicuro che cercare di crearne una da zero. Unire le forze con chi ha già percorso la strada che si vuole intraprendere permette di evitare gli errori che altrimenti sarebbero inevitabili.

Eppure, molte PMI esitano. Temono che acquisire un’altra azienda significhi snaturarsi, perdere il controllo o affrontare una complessità ingestibile. Il risultato? Restano ferme, mentre altre realtà – magari meno innovative ma più abili nell’esecuzione – si prendono il mercato.

Il rischio dell’immobilismo: quando il tempo gioca contro

L’intelligenza artificiale sta riscrivendo le regole del business. La velocità con cui un’innovazione viene adottata determina sempre più chi vince e chi scompare. E mentre le PMI più tradizionali cercano di valutare se e quando muoversi, nuovi attori – più piccoli, più flessibili, ma soprattutto più rapidi – entrano nel mercato senza chiedere permesso.

Non si tratta più solo di competere con le grandi aziende, ma di resistere alla pressione di un ecosistema che favorisce chi riesce ad agire per primo.

Il vero pericolo, quindi, non è l’innovazione in sé, ma l’illusione che ci sia ancora tempo per decidere come affrontarla. Ogni giorno in cui un’azienda rimane ferma ad aspettare il momento giusto, qualcun altro lo trasforma in un vantaggio competitivo.

Conclusione: trasformare le idee in esecuzione, senza perdere tempo

Le PMI italiane hanno sempre avuto una straordinaria capacità di adattarsi e trovare soluzioni creative anche nei momenti di crisi. Ma oggi, questa resilienza non basta più. Serve velocità, serve metodo, e serve il coraggio di capire che l’M&A non è un’operazione straordinaria, ma una leva per il quotidiano.

Chi impara a muoversi con rapidità, a integrare nuove competenze senza aspettare di svilupparle internamente e a capire che il tempo è la variabile più preziosa, ha ancora la possibilità di giocare un ruolo da protagonista. Gli altri, invece, rischiano di scoprire troppo tardi che avere avuto una buona idea non è mai stato un problema. Il problema è non averla realizzata in tempo.


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